Wednesday, February 21, 2007

Cara Sinistra Radicale

Cari amici, ieri ho scritto una lettera aperta alla sinistra radicale italiana. Purtroppo oggi è molto più attuale di ieri. La incollo qua sotto, in attesa delle vostre reazioni e dei vostri commenti (anche nella mail personale, se preferite). Scusate l’ermetismo, ma sto tentando di diminuire le ore passate davanti allo schermo di un pc...

***

Forse dall’estero si ha modo di afferrare le vicende italiane con maggiore obiettività, potendo scegliere cosa leggere e sfuggendo il bombardamento della televisione. Ne approfitto, quindi, per mettere in fila alcuni pensieri che ho maturato questi giorni, nella speranza che non risultino del tutto scontati o insensati.

La Sinistra Radicale italiana con il suo comportamento recente (sto generalizzando, ovviamente) sta polarizzando l’opinione pubblica di centro-sinistra. Da un lato si rende sempre piu’ invisa ai riformisti, dall’altro rinsalda la fiducia dei tuoi sostenitori. Cio’ e’ dovuto al fatto che le sue strategie enfatizzano le questioni ideali rispetto agli aspetti piu’ pragmatici e quotidiani. Anche qualora quest’ultimi aspetti siano al centro del dibattito, e’ sempre esplicitamente in nome di un grande principio ideale da perseguire (la Pace, senza se e senza ma, per esempio; ma anche una politica economica di maggior spesa pubblica o la tutela dell’ambiente). Ne segue che i suoi sostenitori si motivano e trovano dei riferimenti nei quali identificarsi o definirsi; cosa che sarebbe assai piu’ difficile se i temi in voga fossero di natura piu’ tecnica e spicciola, come ad esempio lo sgravio fiscale per i pannelli solari, o la natura del governo provvisorio in Iraq.

Penso che una buona parte dei sostenitori della sinistra radicale e’ consapevole che i loro politici di riferimento produrrebbero diversi “danni” se investiti dell’intera responsabilita’ del Governo. Ne seguirebbe l’uscita dall’Euro, un embargo economico piu’ o meno esplicito degli Stati Uniti, un aumento dell’inefficienza della spesa pubblica, ed altro. Non intendo sostenere che sarebbe un prezzo eccessivo da pagare in cambio di un allineamento ideale ai principi accennati in precedenza: su questo si potrebbe dibattere, e sarebbe un dibattito interessante, anche alla luce del fatto che molti dei sostenitori della sinistra radicale sono, probabilmente e legittimamente, molto piu’ dipendenti dai piu’ comuni beni di consumo di quanto lo sia io.

La questione e’ che, con molta probabilita’, i principi resterebbero comunque non raggiunti. Si pagherebbero i costi senza averne i vantaggi. Questo perche’ la strategia politica, per essere efficace, necessita di azioni marginali, non radicali. L’utilita’ di negare una base militare agli USA puo’ avere un altissimo valore ideale, ma in termini di vite salvate e di conflitti evitati e’ ininfluente. Non si tratta di machiavellismo, di doppiogiochismo, o di ipocrisia. Si tratta semplicemente di valutare (con cinismo, questo forse sì) i risultati attesi di azioni radicali rispetto ad un diverso modo di agire, orientato ad un susseguirsi di azioni marginali, piuttosto che ad un'unica azione netta.

A questa strategia, a mio avviso, dovresti ispirarti anche tu, Sinistra Radicale. In Italia ci sono moltissimi problemi da affrontare che rientrano tra quelli che dovrebbero essere i piu’ sentiti da che si ispira agli ideali della sinistra. Penso all’immigrazione, con la sua legislazione demagogica e controproducente. Penso alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, alle fonti di energia rinnovabili. Penso alla tutela dei minori in difficolta’ o dei senzatetto. Questi sono solo alcuni dei tantissimi problemi che andrebbero affrontati con una forza, un pragmatismo e un’urgenza simile a quanto ha fatto Bersani con il suo pacchetto di liberalizzazioni, per fare un esempio illustre e meritorio. Azioni concrete, rivoluzionarie, intelligenti, a volte impopolari. E spesso a costo zero.

Ma penso che difficilmente cio’ potra’ mai accadere. Non pagherebbe in termine di visibilita’, probabilmente, e farebbe rapidamente passare di moda i piccoli partiti della sinistra radicale. Diliberto non apparirebbe piu’ nel panino del tg2 e nessuno inviterebbe piu’ Bertinotti a Porta a Porta. Da questo punto di vista, andare in piazza a manifestare paga molto di piu’. Inoltre, forse a quel punto sarebbe inutile parlare di sinistra radicale, e si potrebbe finalmente usare a proposito l’espressione sinistra riformista. Peccato, pero’.

3 Comments:

Anonymous Anonymous said...

bella Carlo, ma spero che tutto questo insegni qualcosa prima di tutto agli elettori. non capisco perchè se la prendono tanto con i due senatori dissidenti, quando hanno solo applicato coerentemente quanto fatto e dichiarato fino al giorno prima dai loro capi partito. i vari diliberto, pecoraro e bertinotti per i quali evidentemente l'ipocrisia e l'irresponsabilità sono una virtù. superiore al pacifismo

stammi bene a londra e a presto

at

9:40 AM  
Blogger Unknown said...

figa, il blog della reazione! :)

7:18 PM  
Blogger NB said...

Caro Carlo,
mi trovo per molti aspetti d'accordo con la tua analisi; io stesso sono molto turbato per le sorti del Governo e per l'apparente incapacità da parte delle forze politiche dell'alleanza di mantenere un accordo serio e responsabile sull'esercizio stabile del Governo, al di là dei legittimi dibattiti piu' o meno "ideologici".
Da questo punto di vista, condivido la forte critica alla "Sinistra Radicale", non tanto e non solo per l'azione particolare dei due Senatori dissidenti, ma anche e soprattutto per un atteggiamento di fondo che si potrebbe riassumere con "una gamba dentro ed una fuori".
Detto questo, mi sento di esprimere una forte perplessità, cui non potrò che accennare per ragioni di tempo e di mia personale disinformazione. La perplessità in questione è la seguente: il modo in cui si stanno svolgendo le trattative "post"-crisi lascia preludere alla creazione di un "blocco" moderato, finanche centrista, auto-legittimantesi nel nome della "governabilità"; un "blocco" che, a mio avviso, fa temere una sempre maggiore esclusione della "Sinistra Radicale" stessa ed una progressiva archiviazione delle sue istanze (legittime, come dicevasi sopra).
A titolo esemplificativo, basti considerare i "dodici punti di ferro", sui quali non si intende transigere nel caso di un rinnovo dell'incarico di Governo; in tali dodici punti non appaiono i "Dico" né s'intravede la possibilità di una discussione serena sulla base di Vicenza e, piu' ampiamente, sulle "servitu' militari". Il mio timore è quello, appunto, di una delegittimazione delle istanze della "Sinistra Radicale" (le cui responsabilità circa l'instabilità governativa non nego, ma invito a non assolutizzare) in nome della "stabilità" e della "governabilità".
Illustro meglio la mia perplessità riferendomi alla relazione di D'Alema sulla politica estera, la stessa relazione che non ha ricevuto l'appoggio del Senato mercoledì. D'Alema ha sottolineato la discontinuità rispetto alla politica estera del Governo Berlusconi (pur, anzi per, evidenziando la continuità con quella dei Governi precedenti), facendo riferimento in particolare al ritiro delle truppe dall'Iraq e giustificando la scelta con la non legittimità di tale guerra. Al tempo stesso, D'Alema giustifica la presunta impossibilità di un annullamento in toto dell'ampliamento della base USA di Vicenza con la continuità nei rapporti con gli Stati Uniti (l'annullamento significherebbe un "atto ostile" nei loro confronti). Ora, al di là del fatto che gli accordi circa l'ampliamento della base sono stati presi dal Governo Berlusconi, rispetto al quale D'Alema stava affermando la discontinuità della propria politica estera; al di là di questo, possiblie che nessuno si chieda: qual è il ruolo (metterei "ruolo" in grassetto, se potessi), la funzione della base di Vicenza nello scenario internazionale? Che cosa giustifica l'ampliamento (il raddoppiamento) di una base militare americana nel Nord Italia? Qual è il significato geo-politico di un tale atto?
Essa non rappresenta forse un tassello nella politica aggressiva dell'amministrazione americana nei confronti del Medio-Oriente, nella quale s'inscrive la stessa guerra all'Iraq condannata da D'Alema perché illegittima? La relazione di D'Alema non è, dunque, contraddittoria (almeno in parte)?
Se così fosse, l'impressione è quella che il Governo (il Ministro degli Esteri in questo caso) usi gli argomenti che piu' gli aggradano a seconda della convenienza politica, arrivando ad adottare posizioni contraddittorie all'interno di una stessa relazione.
Lascio il discorso aperto e concludo con una domanda provocatoria: preferiamo una politica della "governabilità" che arriva a fare questo (e che fa intendere di voler escludere un'intera ala del suo elettorato), o una politica che pone i problemi fino in fondo?
Certo, bisognerebbe anche restare al Governo nel frattempo...

12:25 PM  

Post a Comment

<< Home